Il massacro di giornalisti a Gaza, i fiancheggiatori e il mondo che i neocolonizzatori vorrebbero per tutta l’Umanità

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InfoPal. Di Angela Lano. Ieri, domenica 10 agosto, Israele ha compiuto l’ennesimo massacro di giornalisti, riuniti in una tenda-redazione di fronte all’ospedale al-Shifa’ della città di Gaza, a lavorare per coprire le notizie sul genocidio in corso. Si è trattato di un omicidio mirato e annunciato da settimane, contro i giornalisti di Al Jazeera Anas al-Sharif e Mohammed Qreiqah. Altri colleghi sono stati ammazzati insieme a loro: i cameraman Ibrahim Zaher, Mohamed Nofal e Moamen Aliwa, e altre persone. Dopo settimane di campagne diffamatorie israeliane contro Anas Al-Sharif, e altrettante accorate denunce da parte di personalità e organizzazioni internazionali, Israele lo ha assassinato…

Colpisce sempre l’impunità di cui gode l’entità coloniale e canaglia israeliana, l’appoggio incondizionato di governi e monarchie occidento-arabe, di politici e media corrotti, non ultimi quelli di casa nostra. I criminali hanno sempre bisogno di servi e complici per eseguire i loro delitti.

Da tutte le parti sono piovute critiche ai servizi della RAI e di altre TV italiane, che ieri avevano mandato in onda (in diretta?) la conferenza stampa del criminale ricercato dalla CPI, Netanyahu, e con tanto di titoli ad effetto, a riflettere il loro servilismo. Prendiamo, ad esempio, quello della TV di Stato, che dovrebbe offrire al cittadino un giornalismo eticamente testato, raccontando fatti secondo i principi della deontologia professionale che tutti noi, giornalisti, impariamo a memoria. Riflettiamo sul titolo: “Netanyahu: A Gaza ci sono ancora migliaia di terroristi, vogliamo liberarla”. Cosa ci comunica? Che Israele sta lottando contro dei terroristi, e non contro una popolazione civile fatta prevalentemente di bambini e donne affamati e bombardati quotidianamente, e legittimi combattenti della altrettanto legittima Resistenza sancita dall’ONU che tenta di difendere la terra palestinese natia. Il sottotitolo, “Anche l’Italia e altri 8 paesi contro il piano di occupazione. Guterres mette in guardia su ‘pericolosa escalation’ che ‘rischia di peggiorare le conseguenze per milioni di palestinesi’. Smotrich minaccia di far cadere governo“, non se lo fila nessuno. E’ messo lì solo per cronaca politica. Al pubblico medio, infatti, non importa più nulla, perché, nel frattempo, si è inoculato 26 minuti di delirio genocida del primo ministro sionista, le sue farlocche accuse a Hamas e la sua necessità di “finire il lavoro”, ossia, sterminare i gazawi e sfollarne i sopravvissuti, liberare il territorio per far posto ai progetti coloniali di insediamento – la peggior forma di colonialismo occidentale che la Storia abbia registrato -, come già avvenne nel 1948 con la Nakba.

Se questo è giornalismo, noi siamo astronauti! O qualsiasi altra cosa. Tanto vale…

Nel genocidio olocaustico di Gaza, non sono morti solo il diritto internazionale, le organizzazioni umanitarie internazionali, i diritti umani, le regole e le leggi, ma anche il già malatissimo giornalismo mainstream/egemonico. E’ tutto finito. Bisognerà ricostruire sulle macerie di Gaza una nuova etica, una nuova umanità.

Con l’assassinio dei cinque colleghi palestinesi gazawi, il numero di giornalisti uccisi dall’occupazione israeliana nella Striscia di Gaza, da ottobre 2023, è salito a 237. Un vero e proprio sterminio di operatori dell’informazione, un bilancio che supera di gran lunga tutti quelli di altre mattanze coloniali o genocidi, e che ci fa capire quanto Israele tema la corretta e veritiera comunicazione su quanto sta accadendo in Palestina, ed in particolare nella Striscia di Gaza. La sua ossessione psicopatica e criminale contro i cronisti palestinesi e, in generale, quella della Lobby ebraico-sionista contro giornalisti e giornali indipendenti, ci presentano a chiare lettere il mondo che i neo-colonizzatori guerrafondai occidentali, di cui Israele è pienamente parte sin dalle origini del suo non-Stato (*), vogliono anche per il resto dell’Umanità: una massa informe di esseri soggiogati, asserviti, passivi, arresi. Infine, schiavizzati. Non possiamo e non dobbiamo permetterlo, per questo la Palestina, i Palestinesi e la loro Resistenza sancita dalle Nazioni Unite sono un faro, un’avanguardia umana vibrante contro la Barbarie diffusa a macchia d’olio dall’Occidente collettivo, di cui Israele è cane da guardia e braccio terrorista allo stesso tempo.

La vignetta in copertina è di Carlos Latuff.

(*) Israele non è né uno Stato né una nazione, in quanto manca dei seguenti elementi fondativi: un territorio delineato (è sempre in espansione verso la mitica, quanto inesistente storicamente, Grande Israele); un popolo storico (i colonizzatori sionisti sono europei, bianchi, non semiti. Non costituiscono un popolo, ma un insieme di gruppi di provenienze geografiche, culturali e linguistiche diverse. Gli unici semiti sono gli Arabi di Palestina, musulmani, cristiani ed ebrei che da millenni vivono in quella terra); una lingua comune (l’ebraico moderno fu inventato a tavolino a inizio ‘900); una religione comune (molti sono atei. I creatori di Israele erano in prevalenza socialisti atei e lo stesso Herzl, fondatore del Sionismo, non si riconosceva nella religione ebraica); una cultura comune (i colonizzatori, come citato sopra, provengono da mezzo mondo, non hanno nulla a che fare con la Palestina, e sono portatori di culture diverse). L’unico elemento che li accomuna è il colonialismo di insediamento, il razzismo e il suprematismo occidentali.

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